La rabbia che spaventa

La rabbia spaventa, c’è poco da girarci intorno: un papà che alza la voce un pò troppo del solito perché il figlio vuole giocare e invece lui è tanto stanco; una mamma che accenna al gesto di uno schiaffo perché la figlia, in piena adolescenza, l’ha mandata a quel paese; un adolescente che spintona un compagno che lo ha preso in giro per la sua difficoltà a leggere; una donna che urla contro il compagno perché lui flirtava con una ragazza carina al bar e allora scende dalla macchina infuriata, anche se è piena notte.

In tutti questi episodi la rabbia non fa paura soltanto alla persona che la subisce: non spaventa soltanto il ragazzo a cui la compagna ha urlato addosso, non spaventa soltanto l’adolescente che è stato spintonato, non spaventa soltanto il figlio che non riconosce il padre amorevole in quell’espressione severa e nel tono di voce esagerato.

Fa paura anche a chi la prova, anzi, in alcune occasioni, soprattutto a loro.

Perché la rabbia ci attiva?

Attraverso la rabbia, il cervello ci comunica che qualcosa nell’ambiente intorno a noi crea frustrazione e intollerabilità, generando una risposta di agitazione generale e tensione corporea. Infatti il corpo funge da campanello di allarme, avvisandoci preventivamente attraverso una serie di, per l’appunto, “campanellini”: sudorazione, tachicardia, bruciore allo stomaco, aumento della frequenza respiratoria, tensione muscolare (la “famosa” mascella serrata); imparando a riconoscere ed accogliere i segnali “rabbiosi” del corpo, anziché esserne spaventati e respingerli, è possibile canalizzare la rabbia in modo univoco ed esclusivo verso ciò che l’ha scatenata e chiedersi quanto senso oggettivo abbia rispetto quella specifica situazione. Questi elementi consentono di smussarne l’intensità mirano a discussioni o diatribe più moderate ed equilibrate.

Dopo aver raggiunto un certo grado di consapevolezza sulla nostra rabbia grazie ai segnali corporei di cui sopra, essa va accolta, interrogata ed ascoltata per comprendere cosa vuole comunicarci: quale tallone di Achille è stato colpito? Cosa avrei desiderato? Quali erano le mie aspettative? In questo modo possiamo attenuare l’intensità della reazione, poiché abbiamo il tempo di pensare e poter scegliere una soluzione auspicabilmente diversa ma che comunque ci consenta di esprimere il disappunto che quel comportamento ha provocato in noi, ma in modo più funzionale per se stessi e per la relazione, lavorativa, amicale, genitoriale, sentimentale che sia.

Infatti, se una persona dice/fa qualcosa che ci fa arrabbiare ma noi ci teniamo tutto dentro, reprimendo le nostre emozioni, stiamo anche sottovalutando la causa. Se un gesto, una situazione, una parola specifica, sono così rilevanti da suscitare questa emozione “rabbiosa”, evidentemente rivestono la sua importanza e non possono non essere ascoltati e capiti. Oltretutto, se non si agisce ed esplicita, essa rimarrà sottopelle e  continuerà a generare altra rabbia.

A parole è semplice, sembra anche facile! Ma quando ci siamo dentro, risulta davvero faticoso e l’impossibilità di riuscire a contenere la rabbia può aumentare il senso di frustrazione creando un complicato circolo vizioso. Ritengo che, prima di tutto, bisogna partire dalla consapevolezza: non solo di quali siano i fattori che attivano una reazione eccessiva, per poter poi espandere questa stessa consapevolezza, ma anche del proprio corpo e di eventuali tensioni fisiche (viscerali, muscolari). In secondo luogo, è auspicabile coltivare altre tipologie di reazione, che possano essere più funzionali.

DOTT.SSA PSICOTERAPEUTA
LUISA CATALANO

Ascolto empatico, dialogo costruttivo, consapevolezza di sè.

Informazioni

Telefono: 389 1891185

Email: luisacatalano@libero.it

Indirizzo: Via Duchessa Jolanda 16, Torino

Privacy policy | Designed by